Giovedì 21 ottobre – A Francoforte – in occasione della Buchmesse, la più internazionale tra le fiere del libro – l’Associazione Italiana Editori (AIE) ha presentato il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2021; sono quei nuovi dati che attendavamo e annunciavamo in apertura dell’articolo Sguardo italiano, proprio sul numero di ottobre di Andersen.
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La dettagliata ricognizione dell’anno scorso effettuata dall’Ufficio Studi di AIE conferma quanto evidenziavamo sulle colonne della rivista grazie all’analisi di dati storici e di primi rilievi della stessa istituzione, ovvero la vivacità e l’eccellente stato di salute dell’editoria italiana. Pandemia nonostante. L’editoria resta, infatti, la più grande industria culturale italiana (insieme, se si contano solo i libri, alla pay tv, che però viene sopravanzata considerando anche editoria periodica e quotidiana) e si colloca come terza forza sul mercato europeo di settore dopo Germania e Regno Unito (e la quarta del mondo occidentale, con gli Stati Uniti che superano anche tedeschi e britannici). Il dato economico nazionale, del settore nella sua interezza, resta stabile; in quanto la minore produzione di novità e titoli (per esempio, il -7,2 nei libri per bambini e ragazzi) e la riduzione dei prezzi di copertina sono state bilanciate dall’aumento del numero di copie vendute, anche grazie alla coda lunga dei cataloghi editoriali (insomma non hanno venduto solo i bestseller del momento).
Video presentazione del Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia da parte del presidente AIE, Ricardo Franco Levi:
Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia from Associazione Italiana Editori on Vimeo.
La dimensione internazionale – con la cessioni dei diritti, le coedizioni, le traduzioni, le vendite di volumi e processi di stampa sul mercato estero, la partecipazioni societarie a case editrici straniere – è l’attuale reale punto di orgoglio della nostra editoria. A noi interessano essenzialmente i primi tre ambiti: diritti, coedizioni, traduzioni.
Se nel 2001 solo il 4% dei libri italiani trovava la via dell’estero, la stima per il 2020 porta la percentuale al 12%; il dato si è dunque triplicato. Venti anni fa poi, nel complesso dell’editoria, la proporzione tra import e export di titoli segnava un evidente vantaggio per le acquisizioni di diritti dall’estero (nel 2001: 5.400 titoli comprati da fuori rispetto ai 1.800 venduti all’estero), mentre nel 2020, dopo lustri di rincorsa in cui si assottigliava la distanza, il conto si è pressoché pareggiato: poco più di 9000 titoli esteri acquistati contro gli oltre 8500 titoli italiani venduti sul mercato internazionale. Un’internazionalizzazione dell’editoria italiana che ha preziosa gemma proprio nel settore bambini e ragazzi.
Se nel complesso dell’editoria italiana, infatti, si comprano ancora più diritti di edizione da editori stranieri rispetto a quanti se ne riescono a vendere all’estero; guardando ad alcuni settori, e i libri per bambini e ragazzi sono tra questi, la prospettiva si ribalta. Nel settore bambini e ragazzi l’export è stato di 2.812 opere, mentre l’import si è fermato a 2.190 opere.
Nel rapporto si potranno analizzare molti e differenti dati; certo, il punto di vista è giocoforza quello degli editori, e orientato sull’analisi di grande scala, pertanto altri importanti e centrali attori della filiera del libro – penso in primis ai librai e ai creatori di contenuti – leggeranno, e noi con loro, anche elementi di forte criticità (crescita delle vendite su piattaforme online, riduzione di quelle in librerie fisiche) o di sfida creativa (lieve riduzione delle uscite di volumi cartacei, significativo incremento percentuale di quelle di ebook e audiolibri; supporti che esigono riflessione anche contenutistica e stilistica in fatto di narrazione e di linguaggi impiegati).
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