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Kintsugi di Issa Watanabe, Logos
Per l’affascinante e rarefatta grazia di un racconto sospeso nel tempo e nello spazio. Per una metafora potente e al tempo stesso delicata sulla necessità di affrontare le difficoltà della vita. Per un albo dalle molteplici possibilità di interpretazione e lettura delle figure.
La recensione di Anselmo Roveda su Andersen n. 413 (giugno 2024):
Un lagomorfo antropomorfizzato (una lepre vestita sobriamente ed elegantemente; calzata in cuoio, forse, inglese) porta in tavola due tazzine decorate, una a sfondo blu, una bianco. Due sedie sono agli estremi brevi del tavolo, un lungo desco candidamente intovagliato. Su una di esse siede la nostra lepre (ha la tazza bianca), sull’altra un uccello vermiglio (accanto ha la tazza blu). Tra loro, a germogliare dalla tovaglia, una teoria vegetale su cui stanno gli oggetti di una quotidianità possibile (una gruccia, delle cesoie, uno specchio a mano, una sveglia, un macina caffè, un libro, una scala, un cappello… ). Si volta ancora la pagina e avviene un mutamento nella scena, s’adombra quella che pare un’incomprensione, forse una mancanza o semplicemente il fluire delle cose, che qualche volta scivolano via. La sedia dell’ospite volatile scolora, lo stesso uccello inizia a cangiare, a farsi bianco. Lepre s’alza, mani sul tavolo, sorpreso; uccello abbassa lo sguardo, in cerca. Ora è tutto bianco e la tazza blu si frange, si spezza; poi cade a terra, trascinata dalla tovaglia portata via, in volo, dall’uccello, ora in fuga e quindi scomparso. Inizia così un viaggio onirico e mosso, la lepre nell’inciampo dell’inseguimento si addentra in un mondo in continuo cambiamento, ora vegetale ora liquido, fino a quando, tornata sul luogo iniziale, dove ora giacciono a terra gli oggetti un tempo posati tra i rami, lentamente ricompone. Ripara. E dai frammenti delle due tazze, arrangia una nuova tazza, bianca e blu; e tutto, lentamente, inizia a riprendere ordine e a germogliare.
La tazza arrangiata richiama la tecnica giapponese del riparare con l’oro, che dà titolo all’albo senza parole: kintsugi. Un’opera potente e poetica, in sintonia con la ricerca di Issa Watanabe, artista peruviana di cui avevamo già notato l’altrettanto potente Migranti (2020).
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