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Hodder e la fata di poche parole di Bjarne Reuter – trad. di Eva Valvo, Iperborea
Per una storia scintillante e divertentissima ma, al tempo stesso, mirabilmente intensa, per la sua ricchezza di accenti. Per una narrazione sempre ineffabilmente sospesa fra quotidianità e invenzione fantastica. Per mostrarci implicitamente quanto siano complessi e vitali i rapporti fra mondo degli adulti e infanzia.
La recensione di Walter Fochesato su Andersen n. 400 (marzo 2023):
Ho letto questo romanzo tutto d’un fiato, come si suol dire, durante un lungo viaggio in treno. E confesso che, in più di un’occasione, ho trattenuto a stento le risate, tanto son comiche e magistralmente condotte certe situazioni. Al tempo stesso però, è bene precisarlo subito, non si tratta di un libro umoristico. La storia vive infatti in virtù di una sua complessità e ricchezza di accenti e registri. Hodder, il protagonista, è un bambino; orfano di madre, vive con il padre che di notte fa l’attacchino. Peraltro il rapporto fra i due è intenso e felice. A scuola iniziano i problemi: quasi sempre scartato nei giochi dai suoi compagni di scuola, considerato un imbranato, è un solitario. Sui generis, peraltro, giacché risolve tutto con un candore a cui accompagna una logica e una curiosità che scombussolano e mettono in crisi il mondo degli adulti, a partire dalla maestra che, non di rado, non sa come comportarsi dinnanzi alle domande spiazzanti e alle disarmanti affermazioni di Hodder. Tutto peraltro inizia con un’apparizione notturna, allorché una fata bionda gli annuncia che lui è “il prescelto”, chiamato a salvare il mondo. Mica roba da poco, ma Hodder non si scoraggia e comincia a pensare al dar farsi. Dunque fin dalle primissime battute assistiamo all’irruzione del magico. E tutta la storia vive, scintillante e irresistibile, su questo doppio binario: la realtà quotidiana e un fiabesco che volge al surreale e dove ogni cosa alla fine si fa plausibile. Poi tutto conoscerà un bellissimo finale inaspettato e poetico che cambierà per più versi la vita di Hodder e di alcuni degli altri personaggi. Ma su tutto ciò è ovvio tacere. Molto ci sarebbe da dire, ad esempio sulle “lezioni pedagogiche” registrate che il nonno (che vive nello Jutland e non si fida degli usi e costumi di chi vive a Copenaghenborg) vorrebbe ammannire al nipote. Per tacere degli usi alimentari di Kamma, compagna di classe finlandese che a merenda mangia, giusto per fare un esempio, un panino al rene crudo di pecora. Una osservazione conclusiva sull’eccellente lavoro di traduzione condotto da Eva Valvo.
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