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Christophe Léon
REATO DI FUGA
Sinnos
Per una storia capace di muovere, indignare e rappresentare, con un tono tanto delicato quanto asciutto, le sfumature di una situazione emotivamente al limite. Per la scrittura alta, che cattura e fa pensare, lontana da soluzioni scontate o deviazioni buoniste, ma capace di mettere al centro la riflessione intorno al senso di responsabilità.
La recensione di Martina Russo su ANDERSEN 332 (maggio 2016):
Che prezzo può avere una bugia? Il prezzo di una bottiglia di vodka, scolata in una sera? O quello di un’automobile bruciata nell’area di sosta dell’autostrada? Sébastien impara a sue spese che menzogne, omissioni e fughe costano molto di più quando di mezzo c’è la vita di una persona. Tutto è iniziato un venerdì sera, in macchina, come di consueto, col padre verso la casa in campagna. Hanno fretta, l’idraulico li aspetta, c’è traffico. Papà opta per una strada che attraversa i paesi, ma non rallenta la velocità. È un attimo e lo scontro non si può evitare. Sulla strada c’è la mamma di Loïc, che quella sera ha fatto di tutto per convincere il figlio ad uscire di casa. È un incidente, ma la macchina non si ferma. È da qui che ha inizio la storia: una storia che alterna i punti di vista di Sébastien e di Loïc, capitolo dopo capitolo: il primo, quattordici anni, costretto al silenzio, non riesce ad accettare l’atteggiamento del padre, il cui modello crolla miseramente; il secondo, che di anni ne ha diciassette, si trova a dividersi, da solo, tra la scuola, il lavoro e l’ospedale. Due punti di vista diversi – seguiamo l’uno attraverso la narrazione in prima persona e l’altro in terza – due vite lontane, che, visto lo scrupoloso occultare del padre di Sébastien, potrebbero non incrociarsi mai, continuare a scorrere parallele. Ma è proprio Sébastien che non ci sta, e, ormai privo di punti di riferimento, fa l’unica cosa possibile: prende in mano la sua vita, svegliandosi dal torpore casalingo che l’ha cullato finora. Léon intreccia magistralmente un romanzo capace di muovere e indignare, ma, soprattutto, di rappresentare, con un tono tanto delicato quanto asciutto, quasi feroce, le sfumature di una situazione emotivamente al limite, dove il bianco e nero inizialmente contrapposti tendono poi a mescolarsi, restituendo un’assai realistica situazione di indefinitezza. Ma se non si tratta di individuare buoni e cattivi, c’è pur sempre un aspetto su cui Léon non transige: il senso di responsabilità. È intorno al significato di queste parole, che è costruito tutto il romanzo, senza dare nulla per scontato, senza peccare di buonismo e, soprattutto, senza deviare verso le strade più semplici della condanna o, al contrario, dell’indulgenza.
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