Condividiamo un articolo di Pino Boero dal nostro archivio, dedicato a Mino Milani e pubblicato su Andersen n. 343 in occasione del Premio speciale della giuria all’autore, consegnato a Genova durante la cerimonia ufficiale del Premio Andersen 2017. L’autore, nato a Pavia il 3 febbraio 1928, è morto oggi, giovedì 10 febbraio 2022.
Il 5 maggio scorso allo scoglio di Quarto ho tenuto, a nome del Comune di Genova, l’orazione commemorativa della partenza dei Mille e mentre parlavo, guardando gli studenti presenti, non ho potuto fare a meno di coniugare, fra me e me, il nome di Garibaldi con quello di Mino Milani: non è stato – come qualcuno potrebbe immaginare – uno scherzo della memoria, è stato invece lo spunto che mi consente oggi di parlare dello scrittore pavese partendo proprio dalla figura dell’Eroe dei due Mondi e dalla storia risorgimentale di cui Mino è stato studioso e cultore non occasionale perché capace di vedere nella figura di Garibaldi non solo un eroe dell’avventura, genere da lui prediletto, ma anche un politico generoso e tenace nelle idee e nei principi al punto che, in piena spedizione dei Mille, ebbe tempo di inviare ai capi di stato europei un Memorandum alle Potenze d’Europa che conteneva il sogno di un unico grande stato federale, una Confederazione Europea capace di costruire un futuro di libertà e fratellanza.
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TOMMY RIVER E L’AVVENTURA
Sono ideali che – ritengo – facciano parte del DNA del nostro scrittore e impregnino tutta la sua opera, dall’avventura per ragazzi alla narrativa per adulti, dalle sceneggiature di fumetti con tavole dei grandi disegnatori del Novecento (Pratt, Manara, Di Gennaro, Toppi) alla storia della sua città, Pavia, alle opere di carattere autobiografico. Milani attribuisce l’origine della sua vocazione di scrittore all’essere stato fin da piccolo lettore appassionato, lasciato libero, in una famiglia colta, di scegliere i libri che desiderava senza gli obblighi di un percorso formativo calato dall’alto: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Rafael Sabatini, London, Conrad e gli altri autori della Collana Romantica Sonzogno degli anni Trenta, Salgari; autori nelle cui opere l’avventura e la storia non imponevano nulla al lettore, lasciavano aperte tutte le soluzioni comprese quelle drammatiche.
“Il vero modo per imparare a scrivere è leggere” (Mino Milani)
Non è un caso che il suo primo personaggio, Tommy River, protagonista di molte avventure che vede la luce sul “Corriere dei Piccoli” nel dicembre 1958, sia un cow-boy “amaro e triste”, che non colpisce i pavidi, rinuncia a punire i vigliacchi e anzi prova un senso di stanchezza nel portare a termine le imprese; Tommy fa i conti con turbamenti, sospensioni d’animo, impressioni di morte e Milani, nel passaggio dalle puntate del giornalino ai volumi (usciti in diverse edizioni fra gli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta), ne accentua, limitandone il temperamento esuberante, il carattere “crepuscolare”, segno questo di attenzione particolare alla definizione psicologica dei personaggi ma anche a quella cura stilistica che costituisce una delle caratteristiche più rilevanti della sua produzione.
Aggiungo – particolare non irrilevante già segnalato in altra sede – che, con sapiente scelta editoriale, nelle pagine del “Corrierino”, alle avventure di Tommy River magnificamente illustrare da Mario Uggeri si accompagnavano precarie figurine di carta da ritagliare e incollare su cartoncino con il protagonista a cavallo o appiedato che comandava “buoni ed onesti” a scandire i momenti di un’avventura destinata a svilupparsi in piena libertà, al di fuori delle stesse trame offerte dal racconto e in piena sintonia con la larga scelta di personaggi, dalla bionda “Susan figlia dello sceriffo” al “Mohicano che decora una pelle di bufalo”, al “Navajo vasaio”; io stesso, bambino, provai il piacere di quella insolita libertà che costituiva un antidoto ludico alle troppe “verità” della scrittura “educativa” con cui negli anni Cinquanta del secolo scorso i bambini facevano i conti…
L’OPERA DI MINO MILANI
Fare una disamina di tutta la produzione editoriale, dopo Tommy River, appare (soprattutto in un articolo) impresa impossibile, basti dire che, ad un conto sommario, solo gli scritti in volume sono circa 180; mi limiterò quindi a indicare alcuni testi che considero rappresentativi delle linee entro cui si muove la produzione di Milani e parto dall’attenzione verso la dimensione storica che per lui non diventa mai deformazione dei fatti o ancor peggio ottimistico lieto fine, ma è sempre percorso di crescita individuale:
Il fiume non si ferma (1958) con le illustrazioni di Grazia Nidasio;
Sir Crispino (1966) in cui un giovane personaggio dell’Inghilterra cinquecentesca, senza disdegnare l’azione, capisce la necessità della cultura, usa l’intelligenza, ma non disprezza la manualità;
Efrem, soldato di ventura (1973), che da contadino strappato alla terra si trasforma suo malgrado in soldato di ventura e fra i grandi fatti della storia non ignora la complessità del “male di vivere”;
I quattro di Candia (1973), illustrati da Dino Battaglia, dove le imprese del capitano Valier al servizio di Venezia contro i Turchi assumono spessore grazie alla costruzione di una fitta rete di riferimenti storici, magici, popolari;
La storia di Enrico VIII e delle sue sei mogli (1998) con le illustrazioni di Paolo d’Altan che racconta la vicenda dal punto di vista di un menestrello ed è densa di riflessioni introspettive.
Anche la mitologia e le leggende sono “romanzo” per Milani: da La storia di Ulisse e Argo (1995) a La storia di Orfeo ed Euridice (2000), da La Storia di Dedalo e Icaro (2004) allo stupendo Ulisse racconta (2015) finalista alla seconda edizione del Premio Strega Ragazzi; da Il romanzo di Robin Hood (1986) a La storia di Tristano e Isotta (1998) con personaggi calati nel loro tempo “sospeso” ma capaci di credere nella solidarietà, nell’impegno e soprattutto di testimoniare, attraverso le loro vicende, l’attualità di un “sentire” comune, la volontà universale di realizzare un sogno anche in contesti più attuali come L’ultimo lupo (1993) o lo stupendo Un angelo, probabilmente (2006) che mettono in scena la maturazione di protagonisti contemporanei, ragazzi o adulti, in scenari diversi, dai boschi di montagna all’Africa dei conflitti etnici.
Di Mino Milani scrisse a suo tempo Gianni Rodari:
“Mino Milani […] non è un romanziere d’una volta, ma uno scrittore d’oggi, contemporaneo del cinematografo e della TV, due invenzioni con le quali ha fatto da un pezzo i suoi conti, traducendo in una tecnica moderna la loro grande lezione: narrare per immagini ritmando velocemente l’azione”.
Effettivamente Milani, senza mai abdicare dal punto di vista dello stile, ha saputo essere classico e moderno ad un tempo, parlare dei valori antichi con attenzione all’attualità, trasferirci il piacere dell’avventura invitandoci, rodarianamente, a non lasciarci “spaventare dalla parola FINE”.