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Il ragazzo del fiume di Tim Bowler – trad. di Carola Proto, Mondadori
Per un’opera intensa e commovente, profonda e affascinante. Per aver messo al centro della narrazione, in modo autentico e nuovo, il tema del rapporto fra le generazioni. Per un’ineffabile aura di mistero e di sfida che circola fra le pagine.
La recensione di Martina Russo su Andersen n. 371 (aprile 2020):
A vent’anni dalla prima pubblicazione italiana, torna per i tipi di Mondadori Il ragazzo del fiume, intenso romanzo vincitore della Carnegie Medal nel 1998 opera dell’autore inglese Tim Bowler, accompagnato, in questa occasione, dalla calda prefazione di David Almond. Un’intensità, si diceva, che permea una vicenda minima, quella che coinvolge l’adolescente Jess e la sua famiglia: pronti per partire per le vacanze, vengono sorpresi dall’improvviso malessere del nonno, il quale, però, si rifiuta di rimanere in ospedale e insiste perché si parta comunque, alla volta di quello che è stato il suo paese natale.
Un luogo, in riva al fiume, lontano da tutto e da tutti, dove il nonno – che con Jess ha un rapporto speciale – vuole dedicarsi a dipingere quello che, agli occhi di tutti, sembra essere il suo ultimo quadro. Lo spettro della fine aleggia su tutta la storia, Jess lo percepisce e sa quello che inevitabilmente dovrà accadere, ma è altresì rapita dalle atmosfere del luogo, da quel fiume di cui ascolta ogni sera il borbottio e di cui di giorno ama sfidare la corrente. E poi c’è una figura misteriosa, un ragazzo, che appare e scompare attirando la sua attenzione. Curiosa coincidenza che anche il titolo del quadro del nonno, quello che stenta a terminare, sia “Il ragazzo del fiume”: eppure di figure umane, lì, sulla tela, non ce ne sono proprio.
Toccante, ma con una spontaneità che ne rende lievi anche le pieghe più cupe, il romanzo di Bowler è un gradito ritorno, una riflessione affascinante e intrigante intorno all’amore e alla morte, capace di toccare con delicatezza corde profonde, ma restituendo al lettore pagine di grande respiro.
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