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Tatjana Hauptmann
UN GIORNO NELLA VITA DI DOROTEA SGRUNF
LupoGuido
Per farci riscoprire, a distanza di molti anni, un piccolo, godibilissimo capolavoro. Per l’intatta originalità di un’opera dove le soluzioni grafiche e cartotecniche diventano brio e spontaneità, scoperta e incanto. Per un’implicita e serena riflessione attorno agli affetti familiari.
La recensione di Walter Fochesato su ANDERSEN 351 | aprile 2018
Il libro apparve per la prima volta nel 1978, portato prontamente in Italia da Emme Edizioni di Rosellina Archinto (leggermente diverso il titolo – Cecilia Lardò al posto di Dorotea Sgrunf – che, peraltro, segue il titolo originale tedesco), e oggi è tra i primi titoli di un nuovo progetto editoriale per l’infanzia nato in seno alla casa editrice di Guido Tommasi. Un albo senza parole ma non solo, giacché la struttura del libro e la conseguente narrazione mostrano indubbie complessità e originalità grafiche e cartotecniche. Intanto le tavole sono stampate soltanto sul fronte e il retro è bianco e questo sottolinea l’andamento teatrale dell’opera. Quasi tutte le pagine sono infatti fustellate e sovrapposte; quindi il lettore si trova in una sorta di quinta nella quale muoversi a suo piacimento, sbirciare, anticipare quel che accadrà. Tutto è reso con nitida e paziente precisione, in un fitto ma luminoso fraseggio di segni che ricorda non poco quello di Maurice Sendak. Si tratta di un inno affettuoso e quasi lirico alle virtù della casa e della vita quotidiana che vi scorre. Nulla è lasciato al caso ed ogni sia pur piccola cosa trova una sua ragione ed entra a buon diritto nel concerto di una lettura di immagini che ci invitano alla scoperta e alla meraviglia, alla curiosità e al confronto. Ogni bambino potrà identificarsi con quel che accade, nell’arco di una giornata, nelle stanze di Dorotea, la padrona di casa, avvolta in un’ampia vestaglia a fiorami: la preparazione dei cibi, gli invitati, la cena briosa, i saluti. Alla fine, per Dorotea e suo figlio, non resterà che un bagno nella gran vasca che sfoggia eloquenti piedini di suino. Poi un sonno ristoratore mentre nel giardino veglia, protettiva e misteriosa, una luna piena che rimanda, non poco, a quella di Max Nel paese dei mostri selvaggi. Il maialino di dispetti ne combina non pochi, basti accennare ai pezzetti di panettone sparati con la cannuccia o al sapone da bagno versato nel gabinetto. Ma la mamma non si scompone, di certo vede ma lascia fare e non certo per lassismo ma per scelta pedagogica. Se necessario sappiamo che interverrà. Perché qui tutto è sereno e lieve. In un libro silenzioso ma al tempo stesso pieno di rumori, di voci, di suoni, di allegria.
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