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Occhio ladro di Chiara Carminati e Massimiliano Tappari, Lapis
Per l’invito giocoso, e a un tempo serissimo, a guardare la realtà con sguardo disponibile alla curiosità interpretativa, al guizzo creativo e alla trasformazione narrativa; per il felice connubio di linguaggi e forme differenti, sempre volti a chiarezza e a coinvolgere le lettrici e i lettori, fino a renderli protagonisti di possibili autonomi percorsi creativi.
La recensione di Anselmo Roveda su Andersen n. (dicembre 2020):
Occhio ladro nasce nuovamente in relazione alle immagini fotografiche di Massimiliano Tappari; a continuare il fecondo sodalizio, qui artistico e professionale, nato fin da Parto (Franco Cosimo Panini, 2013) e che ha precedenti recenti e coerenti – quasi a costituire una trilogia (per ora) – in A fior di pelle (Lapis, 2018) e Ninna no (Lapis, 2019). In questo caso la suggestione non è però data solo l’accostare poesia e fotografia; poiché si fa presto molteplice, declinandosi – tanto negli scatti quanto nei testi – pure nelle geografie fisiche, umane e immaginarie dei luoghi attraversati dalla coppia nel suo portare a zonzo attività di parola e immagine. Così ogni apertura accoglie e narra, in gioco volutamente libero con la tradizione del limerick, un personaggio – più o meno d’invenzione, talvolta un oggetto – e un luogo – spazio naturale, città, paese o semplicemente una via. Del resto il progetto, poi ampliatosi ad altri territori, nasce sul campo grazie al Sistema Bibliotecario del Verbano Cusio Ossola e al Sistema Bibliotecario dei Laghi. Camera e penna – nel loro ritrarre, interpretare, trasformare, trasfigurare la realtà – si incontrano e intrecciano, rinforzandosi a vicenda, nel costruire e suggerire senso ulteriore; esattamente come ci si attende dalle arti della fotografia e della letteratura. Una strada interessante e piacevole, godibilissima e utile, nella quale non serve rintracciare originalità ma anzi sottolineare, pure nella preziosa rarità, continuità con un approccio che accosta poesia (e talvolta prosa) e immagini impresse oltreché stimolare, fin dalle sperimentazioni parigine di Nadar, una riflessione sul rapporto tra letteratura e fotografia (soprattutto in relazione proprio alla poesia). Da notare, infine, come l’azzeccato titolo renda omaggio ai versi di Marcello Argilli riportati anche in esergo: «Beato chi ha l’occhio ladro/ ovunque vede un quadro/ e come i pittori /vive rubando forme e colori».
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