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Le parole di mio padre (HarperCollins) di Patricia MacLachlan – trad. di Stefania Di Mella
Per la capacità dell’autrice di affrontare il tema della perdita senza cedere a didascalismi, scegliendo ogni parola con ponderata efficacia. Per offrire una riflessione non scontata sul rapporto tra genitori e figli e sull’importanza della cura reciproca. Per l’attenzione alla poesia, lieve eppure straordinaria, che emerge dal racconto del quotidiano.
Traduzione dell’intervento video di Patricia MacLachlan
Ciao, sono Patricia MacLachlan. Sono onorata e molto contenta di ricevere questo premio per il mio libro Le parole di mio padre.
Spesso i libri nascono da una fotografia, da un altro libro, da un’idea.
Ho scritto libri sui miei cani, sui miei gatti, sui miei figli, sulle mie figlie. Uno dei miei figli ora sta girando questo video e sa che ho scritto anche di lui.
Questo libro invece nasce da un evento. Mio marito era uno psicologo, prima di morire. Lavorava con bambini, adolescenti, giovani e adulti. Quando morì, uno dei suoi pazienti mi telefonò e mi disse: “Voglio chiamarti ogni settimana per due minuti, solo due minuti”. Io non riuscivo a capire come sarebbe stato possibile. Disse: “Voglio raccontarti tutte le cose che mi ha detto tuo marito e che mi hanno fatto guarire”. Questo è successo cinque anni fa e da allora lo ha sempre fatto: mi chiama per due minuti ogni settimana e mi parla delle cose meravigliose che era solito dirgli Bob, mio marito. Frasi come: “Qualche volta, se hai un problema che non riesci a risolvere, devi lasciarlo galleggiare su una piccola barca lungo il fiume”, espressione che adoro.
Quindi penso, spero, che voi ragazzi e adulti, insegnanti, genitori, amerete questo libro almeno quanto io ho amato scriverlo. Grazie infinite, dalla mia casa alla vostra.
La recensione di Caterina Ramonda su Andersen n. 373 (giugno 2020)
Patricia MacLachlan sa quanto contano le parole. Sa usare quelle giuste per raccontare ottime storie che rimangono nel tempo, classici da riproporre ai lettori (Baby e Album di famiglia usciti per Piemme, Primo amore pubblicato da Mondadori, Sara né bella né brutta, uno degli Istrici Salani). Sa che hanno il poter di cambiare la vita delle persone, come dice Mirabel, protagonista di Una parola dopo l’altra (Rizzoli, 2012), romanzo breve di riflessione sulla scrittura e sul mestiere di scrivere. In questo libro proposto in Italia da HarperCollins tutto ruota nuovamente intorno ad esse: il padre di Fiona aveva sempre una parola buona per tutti, sapeva scegliere quella giusta per un certo momento, sapeva ascoltare e adorava cantare. Sono alcune parole via telefono ad annunciarne la morte improvvisa; arrivano alle orecchie sbagliate (Fiona viene scambiata per sua madre) e il vuoto si fa terribile e opprimente. Lungo i capitoli si racconta l’elaborazione del lutto attraverso l’incredulità, la rabbia, il prendersi cura di qualcun altro: i cagnolini di un rifugio abbandonato, ma anche chi ha sofferto della medesima perdita. Il signor O’Brien era uno psicologo e un ragazzo, uno dei suoi pazienti più affezionati che per Fiona è più che altro un “fuori di testa”, prende un appuntamento telefonico con lei: ogni lunedì alla stessa ora la chiama per raccontarle una cosa bella del suo papà. Il romanzo diventa allora una sottile riflessione sul rapporto tra genitori e figli, su come la tua vita possa essere diversa a seconda degli adulti che ti toccano in sorte come padre e come madre, su come comunque ci sia la possibilità di incontrare delle altre persone che si prendono cura di te e tengono per te accesa la luce. Un libro semplice e profondo insieme che parla di poesia, citando alcuni versi e sottolineando quella che può esserci nel quotidiano, quando – come dice il babbo della protagonista – si pensa, si usa l’intelligenza, si considera la dignità delle persone.
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