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Barbara Cooney – trad. di Flavia Piccinni
Miss Rumphius
Atlantide
Per averci fatto scoprire anche in Italia una grande autrice statunitense del secolo scorso. Per un albo che, con le parole e con le figure, ci svela una trama costante di trepida e ineffabile poesia. Per il pacato invito a far sì che ognuno di noi possa contribuire alla bellezza del mondo.
La recensione di Anselmo Roveda su ANDERSEN 361 | aprile 2019:
Alice Rumphius, la protagonista di questa delicata vicenda di determinazione, è, quando la incontriamo grazie alla voce narrante di una pronipote, un’anziana signora. Alice però è stata una bambina, una bambina curiosa; con una curiosità alimentata dalla fortuna di bazzicare lo studio del nonno, proprio ai piedi della casa sul mare dove abitavano. Lì, il nonno dipingeva mari, cieli e velieri; lì, scolpiva il legno, rendendo i tronchi polene per le navi o figure di nativi americani, grandezza naturale, per i negozi di tabacco. La bambina Alice si ritroverà poi, presto, donna. Ormai la chiamano Miss Rumphius e segue i propri desideri, innanzitutto viaggiare nei luoghi immaginati durante l’infanzia. Lo farà, arrivando in posti lontani e lontanissimi, vivendo avventure nella natura, compiendo scalate, e, soprattutto, facendo tanti incontri da tenere nel cuore. Restano però ancora due desideri: andare a vivere sul mare e rendere il mondo un posto migliore. Il primo viene facile, Alice trova il posto giusto, una magione con veranda, su un promontorio tra insenature e un orizzonte di piccole isole alberate. Resta da contribuire alla bellezza del mondo. L’idea arriva alla fine di un inverno, quando oramai rifiorisce la terra, complici vento e uccelli. Alice da Miss Rumphius diventa la Signora dei lupini, e sì, perché la sua missione diventa seminare, anzi disseminare. L’esito è un rifiorire, contagioso, non solo floreale.
Un albo grazioso, assai, e fondamentale che potrà andare sullo scaffale vicino a un’edizione, magari illustrata, de L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono e all’albo Il giardino curioso di Peter Brown.
Un albo fondamentale per molte ragioni; oltre alla specificità dell’opera (inno alla capacità di determinarsi) e alla sua fortuna (insignita all’uscita nel 1983 di un American Book Award e del titolo di Best Book of the Year per il «New York Times»), l’albo ci permette, infatti, di scoprire o riscoprire Barbara Cooney (1917-2000), un’autrice statunitense a buon diritto nel canone della letteratura per l’infanzia; con una carriera che copre, nel Novecento, oltre mezzo secolo, con decine e decine di opere, e con molti riconoscimenti, comprese due Caldecott Medal (nel 1959 e nel 1980).
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