In occasione del Premio Andersen 2020, la trasmissione Flatlandia di Radio Onda D’Urto ha ospitato una serie di interviste a cura di Mara Pace con gli autori, i traduttori, gli editori dei libri premiati. In questa pagina trovate il link per ascoltare il podcast dell’intervista a Felicita Sala, miglior illustratrice dell’anno, e la sua trascrizione.
Prima di tutto ti chiedo di raccontarci la tua storia, il percorso che ti ha portato a diventare un’illustratrice.
Sono cresciuta in Australia e mi sono laureata in Filosofia all’Università di Western Australia nel 2002. Come capita a tanti, dopo aver studiato filosofia non avevo idea di cosa fare della mia vita. Però ero appassionata di arte e pittura, quindi ho sempre cercato di organizzare mostre collettive e non ho mai smesso di realizzare quadri – che a volte vendevo e a volte regalavo. Poi ho cominciato a viaggiare e così sono tornata a Roma, il posto dove sono nata. Qui mi sono trovata a vendere quadretti fatti di cartone in piazza, con i venditori ambulanti, perché non avevo più soldi. Quell’estate conobbi un collettivo di illustratori, designer, creativi che avevano uno studio in via Bertani a Trastevere. Me ne sono innamorata, non avevo mai visto una cosa del genere e ho pensato “Voglio stare qui”. Quindi son tornata a vivere in Italia e ho scoperto sempre di più il mondo dell’illustrazione per l’infanzia: in Australia non l’avevo mai notato, perché al tempo era piuttosto autoreferenziale e tradizionalista, anche se ora sta cambiando. Ho cominciato ad andare alla Bologna Children’s Book Fair e mi si è aperto un mondo. Ho letto molti libri illustrati e ho studiato, mentre davo lezioni di inglese e lavoravo come traduttrice. Non potevo permettermi un corso, quindi ho fatto tutto da sola: dipingevo, facevo mostre e collaboravo molto con lo studio. E poi c’era l’animazione, il settore in cui lavorava (e lavora tutt’oggi) mio marito. Spesso mi trovavo a dargli una mano. Grazie al blog ho cominciato ad avere molta visibilità, e questo mi ha permesso di lavorare con piccole realtà, riviste straniere e anche locali. Attorno al 2010 feci un primo libro per Eli con Daniele Garbuglia, al quale sono molto grata. Quando mi chiamò per fare un primo racconto illustrato, ero felicissima perché ero convinta che non ci sarei mai riuscita, vedevo ostacoli insormontabili: era un mondo pieno di libri, di talento, e pensavo che non ci sarebbe mai stato spazio per me. Nel frattempo ho cominciato a postare una serie di ricette illustrate: mi ha sempre affascinato il cibo – da cucinare e mangiare. Le ricette ebbero un enorme successo online, quindi mi contattarono riviste di cucina e blog. La visibilità cresceva e presto mi ha cercato Walker Books per illustrare una storia di Michael Morpurgo (ndr Mio padre è un orso polare, in Italia edito da Lapis) e qualche anno dopo la mia attuale agente. Oggi posso dire che faccio l’illustratrice a tempo pieno, una cosa che veramente non avrei mai sognato, e per la quale sono tanto grata.
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Torniamo per un istante alle ricette illustrate. Come nasce l’albo Festa in via dei giardini (Electa Kids)?
Quel libro è forse il titolo a me più caro, l’unico scritto di mio pugno. È stato un editore francese, alla Fiera di Bologna, a propormi di realizzare un libro di ricette. Ho pensato: “Va bene, proviamo.” Non sapevo però da quali ricette partire. A me piace cucinare, però era un libro destinato al mercato francese e non potevo immaginarlo con ricette regionali, doveva essere per tutti. Alla fine ho deciso che avrei usato le ricette che mi piace fare a casa, con la mia famiglia, e che sono ricette internazionali. Sono cresciuta in Australia e lì si mangia un po’ di tutto. Inoltre mi mancano spesso i piatti che sperimento in giro per il mondo. Dentro Festa in via dei giardini si trovano così alcuni classici da vari Paesi: non sono assolutamente inventate da me, anche se forse le ho un po’ adattate per i bambini. Però non volevo fare un semplice ricettario – ce ne sono già tanti – ma un albo illustrato. Un giorno, rientrando a casa, mentre facevo a piedi i miei quattro piani di scale, sentivo gli odori della gente che cucinava nei vari appartamenti e ho pensato che fosse una cosa meravigliosa, qualcosa che capita spesso nei condomini di città. È così nato il palazzo di Via dei Giardini. A questo si è unita la multiculturalità vissuta in Australia, dove spesso si organizzano incontri nelle scuole dove ognuno portava un piatto. Ricordo che si assaggiava un po’ di tutto, dalla cucina indiana a quella birmana. Mangiare insieme è una grande gioia e volevo che emergesse dal libro.
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Ora vorrei parlare di un altro titolo, Il posto segreto (LupoGuido), che è peraltro scritto da Susanna Mattiangeli – di recente Premio Andersen come miglior scrittrice. È un albo illustrato che racconta l’avventura vissuta da una bambina senza mai uscire dalla sua cameretta. Le tengono compagnia un foglio di carta, i colori, l’immaginazione. Tra i vincitori del Premio Andersen di quest’anno troviamo tanti protagonisti simili ad Arianna, che sono autonomi, intraprendenti, sanno immaginare e vivere grandi avventure. Penso al bambino di Desperado Ole Könnecke (miglior libro 0-6), piccolo cowboy coraggioso che salva la sua maestra; o ai bambini de La Buca di Emma Adbåge (Camelozampa), che trasformano una buca nel terreno (che i genitori e gli insegnanti considerano pericolosa) in uno spazio di gioco libero e creativo. Quentin Blake in un video per i bambini in lockdown, li invitava a disegnare l’avventura che non potevano vivere, proprio come Arianna disegna ne Il posto segreto uno spazio incantato e tutto suo. L’immaginazione quali porte spalanca ai bambini?
Il posto segreto è un altro libro che amo molto. In effetti tra le pagine ritroviamo il bisogno dell’infanzia di costruirsi un posto segreto, dove fuggire dall’isolamento e dalla solitudine imposti dal lockdown. L’ho visto in mia figlia di 6 anni: c’è stata un’esplosione di fantasia. Costruiva rifugi, si inventava di tutto con gli oggetti più improbabili, conversava con i pupazzi e, insieme alle amiche su Skype, viaggiava in mondi immaginari. In parallelo ho notato che, dopo la chiusura della scuola, come del resto è capitato ad altri suoi amici, mia figlia ha smesso di disegnare. Si è rifugiata molto nelle storie, abbiamo letto insieme tantissimi libri. Anche il libro d’infanzia è un posto sicuro, e questo aspetto mi piace molto. Non voglio dire che non si debba rischiare, ma il punto di partenza è questo: il posto sicuro che li porta oltre.
La bambina protagonista de Il posto segreto aveva un amico immaginario, che condivide con lei il posto segreto. A luglio è uscito Le incredibili avventure di Hugo e Booone, da te illustrato per Splen, scritto da Ellen Potter (trad. Leonardo Taiuti – recensione pubblicata su Andersen n.374), con protagonista un bambino e un’altra creatura fantastica, questa volta non immaginaria.
È il primo titolo di una serie (per lettori dai 7 anni) che racconta l’amicizia fra un bambino e un bigfoot. Di solito non illustro progetti di narrativa, ma questo l’ho accettato perché mi piaceva tanto: mi ci sono un po’ rifugiata, tornando a una dimensione bambina. Il punto di vista è quello del bigfoot, che ha tutto un suo mondo, vive nelle caverne, dove ci sono scuole, negozi, parrucchieri e dove tutti hanno paura degli umani. Hugo però incontra un ragazzino, diventano amici e affrontano un sacco di avventure. Tutti i bambini a cui l’ho regalato nella versione inglese lo hanno gradito molto, quindi sono proprio contenta che Splen abbia deciso di tradurlo in italiano.
Hai illustrato due albi dedicati due donne molto interessanti: sempre per Splen editore la storia di Joan Procter, giovane donna appassionata di scienze naturali e – in uscita a settembre – Mary Shelley, l’autrice di Frankenstein. In questo caso ci allontaniamo dall’invenzione fantastica per avvicinarci alla realtà. Come cambia il lavoro di illustrazione?
Il lavoro di illustrazione non cambia molto, anche se diventa necessario rappresentare in modo autentico ma anche originale – stilizzandolo senza farne una caricatura né una rappresentazione fotografica – il personaggio: Mary Shelley, Joan Procter e, aggiungo, Pablo Neruda (ndr albo che uscirà in Italia per Rizzoli). Tutti progetti che ho accettato perché mi attirava qualcosa delle biografie proposte. Mary Shelley per la sua insicurezza di donna in un mondo scientifico di soli uomini, che poi si inventa una storia magnifica: quella di Frankenstein. Joan Procter era una bambina che si portava un coccodrillo a scuola e che aveva mille rettili in giro per casa. Come tanti libri che ho illustrato, questi albi sono stati una scuola per me, per esempio Mary Shelley sull’utilizzo di una palette limitata di colori, Joan Procter per via dei rettili che non avevo mai disegnato, e il libro di Neruda perché richiedeva di illustrare il metaforico. Ogni libro è prezioso e mi insegna qualcosa.
Flatlandia è la trasmissione dedicata a libri e letture di Radio Onda d’Urto ideata da Sancho Santoni. Va in onda ogni lunedì dalle 12.30 alle 13.00. La replica va in onda martedì a mezzanotte. Conducono la trasmissione Kika Negroni e Simone Cavagnini.
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