L'ARTICOLO DEL MESE/LA RIVISTA

Sulla strada di Martina Russo

L’articolo del mese, scritto da Martina Russo e pubblicato nel monografico estivo Andersen n.414 dedicato al viaggio, ci accompagna tra le pagine di adolescenze on the road, a bordo di pulmini, automobili rubate, camion e biciclette. Sostieni Andersen con un abbonamento! 

Prendere e partire, macinare chilometri, mettere una distanza siderale tra sé stessi e i propri problemi, le relazioni che non funzionano, i conflitti con i genitori… Desideri consueti d’adolescenza, che trovano ideale rappresentazione in letteratura, in una metafora ormai canonica, ma mai troppo abusata, che affianca il viaggio – nello specifico quello on the road, sulla strada – ad un percorso di crescita e formazione, capace di aggiungere, incontro dopo incontro, inconveniente dopo inconveniente, un mattoncino in più alla costruzione di sé stessi.

La letteratura per ragazzi contemporanea offre ai suoi lettori avventure avvincenti e traversate trascinanti, da leggere d’un fiato. Una premessa però è doverosa: la geografia di queste esplorazioni è spostata parecchio a Occidente e si sente un po’ la mancanza di qualche narrazione che esca dai soliti confini.

D’altronde, gli Stati Uniti sono per eccellenza la patria dei viaggi on the road, Kerouac insegna. E delle traversate da costa a costa, dei chilometri nel deserto, delle strade infinite che attraversano confini tracciati col righello. Ne sa qualcosa Coyote Sunrise, protagonista della serie scritta dall’autore (tedesco) Dan Gemeinhart e tradotta da Aurelia Martelli, di cui esce adesso il secondo volume per Giralangolo, Coyote Sunrise e il posto perfetto. Ritroviamo la tredicenne dopo una breve esperienza di vita stanziale, pronta a ripartire a bordo di quella che è in fondo la sua casa, lo scuolabus Yager, sempre insieme al papà Rodeo. Se nel primo capitolo (L’imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise, finalista al Premio Andersen 2023 nella categoria Miglior Libro oltre i 12 anni) era chiaro che dietro a questo continuo peregrinare ci fosse la necessità da parte di Rodeo di allontanarsi da un dolore troppo forte, nel secondo libro si riparte alla ricerca di un volume perduto, contenente le ultime volontà della mamma.

Una nuova avventura, insomma, lungo un percorso di crescita e di accettazione di una mancanza: Dan Gemeinhart, d’altronde, non è nuovo a questo tipo di narrazioni. È lui a raccontare, con efficace delicatezza, la determinazione del dodicenne Mark, che, in Questa è la vera verità (Il Castoro, trad. di Anna Carbone), intraprende una scalata in solitaria del monte amato dal nonno, dopo aver scoperto la recidiva del cancro.

Non proprio una traversata on the road, è vero, allora torniamo sulla strada e nel catalogo di Giralangolo, marchio editoriale intrinsecamente legato all’idea delle esplorazioni (la casa editrice EDT è anche editore di Lonely Planet). La collana “Dinamo” in cui è presente Coyote Sunrise ospita anche Il ritmo dell’estate di Nina LaCour, romanzo dell’immediato post diploma per le musiciste Bev, Meg e Alexa e per il loro amico Colby, che, alla guida di un pulmino Volkswagen, le accompagna nelle date del loro tour. 

Sarà l’occasione per ripensare progetti futuri ormai non più attuali e, per Colby, per capire quali siano le sue priorità nel qui e ora prima ancora che al college. Complici gli incontri, gli scontri, gli inconvenienti e le inaspettate avventure di una settimana a zonzo.

Nina LaCour è d’altronde una narratrice tra le più interessanti del panorama contemporaneo, capace di raccontare con voce onesta, schietta e veritiera le montagne russe dell’adolescenza, gli schiaffi e le carezze, tra gioie incontenibili e angosce che sembrano non avere fine e destinazione. Suo, a proposito di fughe, anche Stiamo bene così (Il Castoro, trad. di Simona Brogli), di recente premiato con il Premio Mare di Libri, in cui la protagonista si rifugia a New York, abbandonando San Francisco.    

Viene poi da dire che autobus e pulmini sembrano i mezzi di trasporto ideali per peripezie in lungo e in largo del paese: lo dimostra anche Mosquitoland di David Arnold (maestro di scuola e musicista del Kentucky, qui al suo esordio), tradotto da Marco Drago, in cui Mim sale a bordo di un pullman in direzione Cleveland, dove vuole raggiungere la madre ricoverata in ospedale. Lascia così il padre e la sua nuova moglie e si imbarca in questo viaggio infinito, durante il quale incontrerà altri passeggeri, compagni di ventura, grazie ai quali riuscirà a guardare da tutta un’altra prospettiva i turbolenti anni appena trascorsi. 

Partono invece dal Vecchio Continente e per la precisione dalla periferia londinese i fratelli Kennet, protagonisti di Un’isola tutta per noi (San Paolo, trad. di Anna Patrucco Becchi) di Sally Nicholls. I tre, orfani alle prese con tutte le difficoltà del caso, si mettono in viaggio dopo la morte della zia Irene, la quale sembra aver lasciato loro un’eredità tale da poter stare tranquilli per un po’. Peccato però che la zia, un pelo paranoica, abbia nascosto tutti i suoi beni in valigette sparse per l’Inghilterra e non solo. La surreale caccia al tesoro li porterà fino alle Orcadi.

Parte con un congedo anche l’avventura di Blake, Sim e Kenny, che hanno appena dato l’ultimo saluto al loro migliore amico Ross in Quel che resta di te (Piemme, trad. di Simona Brogli) di Keith Grey. Il funerale è l’ultima goccia: una sequela di retorica e ipocrisie che manda i ragazzi su tutte le furie e li spinge ad un gesto piuttosto estremo. I tre infatti, rubano l’urna contenente le ceneri dell’amico e partono per la Scozia, per esaudire il suo desiderio: portare Ross… a Ross. 

Inizia così una vera e propria fuga, disorganizzata, incosciente e irrazionale, che si prolunga più del previsto a causa degli inevitabili incidenti di percorso. Di nuovo, un viaggio per affrontare il dolore e i sensi di colpa, tirando la testa fuori dalla sabbia (così come suggerito dal titolo originale del romanzo, Ostrich Boys). Un presupposto drammatico, ma non troppo distante da quello che muove i protagonisti di un libro che non può mancare in questa panoramica: Goodbye Berlin (Rizzoli, trad. di Alessandra Valtieri) romanzo pluripremiato di Wolfgang Herrndorf, classico contemporaneo da cui è tratto anche il film diretto da Fatih Akin (il regista e sceneggiatore di Soul Kitchen e La sposa turca). In questo caso sono Maik – invisibile ai coetanei – e Tschick – il nuovo arrivato – a lasciarsi dietro un’estate sconclusionata, fatta di abbandoni e delusioni, per dare il via ad un’avventura raffazzonata, che scoppietta come il motore della macchina rubata su cui viaggiano in direzione Valacchia, senza aver neanche l’età da patente…

Se c’è chi fugge dal dolore e dalla perdita, c’è chi invece compie un vero e proprio viaggio verso la morte: un presupposto narrativo alquanto offerto da Axl Cendres ne La compagnia degli addii (Il Castoro, trad. di Rosa Vanina Pavone), che racconta la partenza verso la Normandia di Alex – narratore diciassettenne sopravvissuto al tentativo di suicidio con betabloccati prima e un colpo di pistola al cuore poi – Alice, al suo secondo tentativo di togliersi la vita, Colette – anziana amante delle metafore e nostalgica del suo Lucien, che è riuscito dove lei ha fallito – Victor – adolescente ingenuotto e con problemi di peso e Jacopo – erede di una ricca famiglia italiana, per cui la vita è solo “una rottura di palle”. Una combriccola interessante, radunatasi in clinica psichiatrica, che decide di raggiungere la villa di Jacopo per farla finita davvero, sfruttando un weekend privo di terapia. Un romanzo cinico e ficcante dove di nuovo ai protagonisti è offerta la possibilità di guardarsi indietro, magari con gli occhi dell’altro e di trovare nel viaggio risposte alle proprie domande, o anche ulteriori domande da non lasciare in sospeso…

E in Italia? Anche le strade (e le autostrade) della penisola sono trafficate di storie.

Quando una cartolina stropicciata arriva nelle mani di Dario – una “mela marcia” a detta dei professori – il ragazzo, protagonista de Il sole tra le dita (San Paolo) di Gabriele Clima prende la decisione avventata di partire, con l’idea di andare incontro al padre a Torre Saracena. Non sarà solo, ma nell’impeto porterà con sé Andy, ragazzo disabile in carrozzina di cui deve occuparsi per qualche tempo, a mo’ di punizione. La fuga – attraverso un’Italia di provincia, autentica quanto malinconica e crudele – scatenerà il panico e si rivelerà tanto surreale quanto disastrosa. Ma come si suol dire, non tutto il male viene per nuocere e il viaggio cambierà profondamente i due ragazzi, capaci di trovare un modo tutto loro di comunicare. 

Un incontro inaspettato è quello che in qualche modo lega anche Bianca – sedici anni, partita col camion del padre, in piena emulazione della sua youtuber di riferimento, una camionista polacca – e Siria, un’anziana apparentemente muta, che le chiede un passaggio per raggiungere l’Irlanda. Sono loro le protagoniste de La seconda avventura (Giralangolo) di Simone Saccucci, romanzo fitto di misteri, di identità celate, di indagini parallele. La strada è certo quella percorsa dal camion, ma anche quella dei pensieri e dei ricordi, non del tutti svelati, capaci di permeare la narrazione del fascino del non detto.

E se l’Irlanda è la meta di Siria, l’Inghilterra è la terra in cui Billy, tredici anni, compie un viaggio su due ruote in Hoop Driver (Mondadori) di Pierdomenico Baccalario. Anche Billy scappa da casa, per raggiungere il nonno e salutarlo un’ultima volta, tenendo fede a una promessa fatta molto tempo prima. Intorno a lui un virus si sta diffondendo in tutta Europa, ma questo non sembra fermare la traversata di circa quattrocento miglia che lo attendono. 

Ma tornando sulle strade nostrane arriviamo a destinazione insieme alla buffa famiglia raccontata da Saschia Masini in Dora per sette (Piemme). Orlando è costretto suo malgrado a attraversare l’Italia da Nord a Sud a bordo di un’automobile scalcinata (Dora, appunto) per raggiungere la Sicilia, dove la sorella Amelia deve disputare una gara di equitazione. 

Agli occhi della mamma il viaggio è l’occasione per stemperare le continue tensioni tra i due fratelli, ma ovviamente non va tutto come previsto. D’altronde anche il papà – professore di economia e scrupoloso risparmiatore, poco appassionato di cavalli e maneggi – è tutt’altro che entusiasta della trasferta. Un viaggio alla “Little Miss Sunshine” (film del 2006 diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris), esilarante e ben costruito in cui Saschia Masini mette a frutto le competenze di sceneggiatrice.

Questo nostro vagabondaggio potrebbe ancora continuare, si potrebbero citare viaggi da feuilleton ambientati in un passato più o meno definito (penso ai romanzi di Jakob Wegelius su Sally Jones pubblicati da Iperborea, o alla saga di Alma di Timothée De Fombelle edita da Mondadori, di cui nei prossimi mesi uscirà il secondo volume o ancora, a Il rinomato catalogo Walker&Down di Davide Morosinotto per Mondadori, vincitore del SuperPremio Andersen 2017 Gualtiero Schiaffino), o andare a recuperare un grande classico come Bibi di Karin Michaëlis, che gira la Danimarca a bordo del treno, in bicicletta, su un carro; o ancora salire sul medesimo convoglio sul quale si incontrano i protagonisti della saga di Maldoror di Philippe Lechermeier (L’ippocampo), ma urge fermarsi, il viaggio, comunque, continua tra le pagine… 

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