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Diario di un’esplorazione fuori dalla tana. Appunti e scoperte di Edmond il Coniglio di Thierry Dedieu – trad. di Jacopo Norcini Pala, Franco Cosimo Panini
Per la capacità di intrecciare diversi linguaggi in un libro-laboratorio che assume la forma di ciò che racconta, che sorprende gli occhi e nutre la meraviglia, invitandoci a cercarla nei prati ad altezza di coniglio e di bambino. Per la ricchezza di spunti, per gli interrogativi senza risposta, per le pagine che si aprono sul mondo.
La recensione di Mara Pace su Andersen n. 399 (gennaio-febbraio 2023):
I libri di Thierry Dedieu sono molto diversi l’uno dall’altro, ma al tempo stesso legati da una comune capacità di sorprendere. In questo volume – formato grande, angoli stondati ed elastico nero come un taccuino – l’autore sceglie la fotografia e il disegno come strumenti per raccontare la meraviglia di un mondo vicino e familiare, celato tra i fili d’erba di un prato. Dedieu non si attribuisce però la paternità di scatti fotografici, appunti e schizzi, perché in quarta di copertina, tracciando una cornice metanarrativa, dichiara di aver trovato il diario (riprodotto all’interno del volume) abbandonato accanto alla tana di un coniglio. Il coniglio si chiama Edmond e lo vediamo ritratto soltanto in copertina, dove l’aspetto e la posa sono quelli di un coniglio vero, anche se la macchina fotografica al collo e il blocco con la matita che stringe tra le zampe ci suggeriscono il suo carattere antropomorfo. Un aspetto che emerge anche dal punto di vista adottato nelle osservazioni e dagli appunti che leggiamo tra le pagine del diario. Il formato del libro favorisce l’immersione nelle immagini, che talvolta occupano l’intera pagina (o due pagine affiancate) e altre volte lasciano spazio al bianco della carta. L’inquadratura invita ad abbassare lo sguardo (“col muso all’altezza dei funghi”, dice il coniglio) e l’ingrandimento suggerisce di farci più piccoli, per cogliere la bellezza che si cela nei dettagli, quelli che rischiano di sfuggire a uno sguardo distratto o troppo distante: avvicinarsi, quando si osserva (e quando si fotografa), può essere molto importante. Ogni pagina è una sorpresa: possiamo trovarci a giocare a nascondino con le creature del prato, e poi spaventarci davanti a ragni o serpenti, immaginare di dormire nella sofficità di un nido, ammirare la simmetria della natura, cercare confini geografici su una foglia o il disegno di una mappa su un sasso (di munariana memoria). Il coniglio Edmond ci invita a distinguere le cause dagli effetti, a riflettere su trasformazioni e metamorfosi che sanno di magia, sulle analogie, la bellezza inaspettata, gli orizzonti, e anche la morte. E tutto questo senza mai alzare gli occhi da un prato. Incredibile, non trovate?
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