L'ARTICOLO DEL MESE

Giulia Niccolai di Massimiliano Tappari

Una poetessa d’avanguardia e sperimentazione, fotoreporter e traduttrice, vicina alla letteratura per l’infanzia

 

Questo articolo di Massimiliano Tappari (Premio Andersen Protagonista della cultura d’infanzia) è stato pubblicato su Andersen n.356 ottobre 2018. Sostieni Andersen con un abbonamento.

Quando mettevo a letto i miei bambini l’ultimo libro che leggevo prima di obbligarli a dormire si intitolava I su & i giù, un picture book scritto e disegnato da Bob Gill edito nel 1973 da Emme Edizioni. Un libro oggi non più ripubblicato e introvabile anche in America, la cui latitanza forse è uno specchio dei tempi così poco inclini a considerare l’incontro tra diverse culture come occasione di scoperta. Quando spegnevo l’abat-jour le parole del libro rimanevano sospese nel buio come quelle stelle fluorescenti attaccate al soffitto che si accendono solo quando spegni la luce e io ogni volta venivo assalito da un moto di gratitudine verso l’editore, l’autore e il traduttore – Giulia Niccolai – che, cosa singolare per l’epoca (ma anche per i tempi attuali), era citato nel frontespizio. E per di più con lo stesso carattere e corpo dell’autore. Carattere e corpo… sembra di parlare di vino.

Non si sa dove vadano a sedimentare tutte le storie e le immagini che abbiamo ascoltato e visto nella nostra vita. E nemmeno il vino che abbiamo bevuto. Temo che nessuna autopsia sarà in grado di dircelo. Comunque quel libro era come un’acqua minerale con un alto tasso di residuo fisso e io stesso ci mettevo un po’ a digerirlo. Già all’epoca Giulia Niccolai era un poeta in proprio, o per meglio dire un poeta da esproprio. Ovvero un autore che si appropria di oggetti, frasi origliate, pensieri suoi, testi altrui, toponimi, per distillarli in poesia. Come si diceva da bambini: “un po’ eta, un po’ Eta Beta”.

Igea travagliato
trento treviso e trieste
di disgrazia in disgrazia
fino pomezia
Como è trieste Venezia

Giulia Niccolai scrive poesie in abito da prosa a cui ha dato un nome che dice tutto sulla loro leggerezza e volatilità: frisbees. A un certo punto ho avuto il desiderio irresistibile di conoscerla e adesso posso confessarlo: l’idea di scrivere questo articolo è nata solo come pretesto per incontrarla. Nel campo della poesia italiana chi fa sorridere non viene mai preso troppo sul serio. Autori profondi e leggeri come Gianni Rodari, Toti Scialoja, Fosco Maraini, Tonino Milite sono spesso stati declassati alla serie B della poesia per bambini perchè questo a volte è l’unico modo per accettarli, metabolizzarli.

Giulia Niccolai ha lavorato spesso nel campo della letteratura per ragazzi traducendo, adattando testi, inventando indovinelli, scrivendo e raccogliendo poesie e filastrocche di altri autori. Ma lo ha fatto sempre con lo spirito dell’artista che in quel campo trova un terreno fertile di ricerca per esprimere se stesso. E il suo spirito ludico l’ha anche spinta a scrivere con i letraset (!) un libro di poesie in inglese limitandosi a utilizzare solo parole e frasi tratte da Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.

“Lasciatemi divertire”
diceva Palazzeschi
in momenti
come questi,
mesti.

*

Gli adulti?
Una categoria che ho conosciuto solo da bambina.

Niccolai si scrive con due “c” anche se tutti sbagliano e sul suo citofono di casa il cognome è stato scritto con una “c” sola. Non ci sono più i correttori di bozze per i libri, figuriamoci per i citofoni. Sotto casa di Giulia Niccolai c’è una ferramenta e a pochi passi un bar che si chiama Cosmo. Sulle scale che conducono al suo appartamento le ringhiere in ghisa proiettano delle bellissime ombre sul muro. I poeti hanno tutte le fortune. Per farsi aprire bisogna suonare a due porte con due citofoni distinti e questo ti confonde perché ogni volta devi dire chi sei. “Sono quello di prima” ti verrebbe da dire la seconda volta.

Francobolli francobolli (Emme Edizioni, 1976)

Francobolli francobolli (Emme Edizioni, 1976)

 

Una cosa che ho notato subito entrando nel suo appartamento è una foto del monte Rushmore scattata da Piero Tellini, un grande artista misconosciuto che scoprì il profilo di un capo indiano accanto a quello dei quattro presidenti americani. Dopo che milioni di visitatori erano passati di lì e nessuno si era accorto di nulla, lui nel 1977 vide apparire davanti ai suoi occhi e alla sua macchina fotografica la quinta faccia non scolpita. Ma questa è un’altra storia.

Letto sulla vetrina
del negozio di ferramenta
in allestimento sotto casa:
PROSSIMA
APERTURA
CHIAVI
SERRATURE
Che siano ladri?

Giulia Niccolai ha iniziato la sua carriera artistica come fotoreporter, alcune foto sono conservate con discrezione in casa come ricordo di una vita precedente. Perché a un certo punto ha smesso di esercitare questa professione? “Perché non volevo più preoccuparmi di vedere sempre il mondo costretto dentro i confini di un rettangolo”. In effetti se ci pensiamo il rettangolo è una forma statica che dorme sdraiata sul suo lato più lungo e blocca ciò che contiene – qualcuno è arrivato a teorizzare che viviamo nella dittatura del rettangolo – mentre il frisbee rotola, gira, passa di mano in mano, è circolare come l’occhio e come il mondo. Ma la mia domanda era mal posta perché in realtà non si può dire che Giulia Niccolai abbia smesso di fotografare. Le sue poesie sono delle fotografie scattate con gli occhi. Usa la rètina come una retìna per catturare farfalle e poi liberarle.

Piccola teoria sui colori:
l’erba e gli alberi sono verdi
perché il sole è giallo
e il cielo è blu.

*

Il sole va dal bianco al rosso.
E il vino pure.

Ho trascritto qualche frisbee qua e là giusto per dare un’idea. Ma bisogna stare in guardia, sono come le ciliegie quindi c’è il serio rischio che una volta iniziato a mangiarle non ci si possa più trattenere dal farlo. In ognuna c’è dentro il nocciolo della questione.

Francobolli francobolli (Emme Edizioni, 1976)

Francobolli francobolli (Emme Edizioni, 1976)

Quali sono le prime letture di Giulia? “Ai miei tempi c’erano pochissimi libri per bambini e quindi si doveva ricorrere a quelli inglesi come per esempio le Nursery Rhymes che mi leggevano i miei genitori. E poi mio padre, non so per quale folle ragione, mi leggeva Max e Moritz facinora puerilia in latino!” (Giulia scoppia in una delle sue risate contagiose). “Me lo leggeva quando tornava a casa dall’ufficio. Poi io mangiavo da sola alle sette e alle otto ero già a letto mentre i miei mangiavano tranquilli. Si usava così”. Ma penso che Giulia, al di là dei libri, abbia sempre letto con più gusto il mondo circostante. I suoi stessi ricordi infantili che mi ha generosamente raccontato sono nitidi come sogni sognati la notte precedente. Una volta da ragazzina fissò la sua attenzione sul pensatore di Rodin e si chiese: “ma perché un uomo per pensare deve stare nudo?”. Sono queste le domande che minano il mondo. Il pensatore è nudo!

Pensare ai significati diversi
di questa frase:
i genitori
sbagliano
a pensare
che i figli
sono loro.

*

Una bambina che non sa ancora leggere va sulla bilancia
della nonna in bagno e le chiede: quanto costo?

Il libro per ragazzi più riuscito di Giulia Niccolai si intitola Francobolli francobolli edito nel 1976 da Emme Edizioni, illustrato da Maurizio Osti. Non è un libro su commissione come gli altri che ha realizzato con la stessa casa editrice, ma frutto di un’idea che è stata presentata dai due autori all’amica Archinto. Un libro viaggiato, come i collezionisti definiscono le cartoline affrancate e timbrate, da guardare lentamente e senza lente. I francobolli ingranditi diventano paesaggi da attraversare. C’è una doppia pagina dedicata a sei francobolli raffiguranti Washington (il primo dei quattro presidenti sul Monte Rushmore!) che diventa una galleria di quadri dove la dentellatura assume le fattezze di una cornice preziosa. In queste pagine Giulia Niccolai scrive “E sono tutti ritratti della stessa persona anche se, a dire il vero, sembrano sei persone diverse”.

Le parole, qui come nelle poesie, spingono a riguardare e a notare ciò che a un primo sguardo avevamo dato per scontato. La prosa è costellata di “ma”, “sembra”, “c’è o non c’è?” uno stile dubitativo che stimola l’incredulità. Il libro si chiude con un coup de théâtre. Siamo arrivati alla fine del viaggio e alla fine del libro. È ora di andare a dormire. Nella pagina di sinistra c’è un francobollo che riporta in grande la cifra del suo valore: 0,15. Giulia Niccolai conclude così, rivolgendosi direttamente ai lettori: “Accidenti, sono già le 0,15! E voi siete ancora alzati?”. Un cortocircuito che fonde tempo e denaro.

Cosa ci fa questa luce accesa?
Click.
Corrispondenza deliziosa
tra la luce
che è stata spenta
e la non-risposta a parole.

Uno spettacolo di formazione

Massimiliano Tappari, autore di questo articolo, è nella squadra di esperti, una squadra sempre più nutrita, di “Uno spettacolo di Formazione”, la stagione formativa di Giunti Scuola in collaborazione con Giunti Edu, che per il 2018/19 propone un calendario ancora più ricco dell’edizione precedente a toccare spunti di riflessione inediti sulle principali tematiche del mondo della scuola. Trentotto eventi in nove città italiane da novembre 2018 ad aprile 2019 per parlare di didattica della matematica, inclusione, disattenzione, coding, attività espressive, scrittura, competenze e valutazione, flipped classroom, teatro a scuola e molto altro. Tutte le città chiudono il ciclo di incontri con una vera e propria “formazione spettacolo” a cura di Gianni Silano. I partecipanti riceveranno un volume che raccoglie gli interventi di tutti i relatori coinvolti, insieme a molte proposte operative che si traducono in strumenti concreti per affrontare le sempre crescenti complessità della professione docente. L’iscrizione all’intero pacchetto di incontri inoltre include un abbonamento alla rivista” Vita Scolastica” e l’accesso all’area “Didattica” riservata. “Obiettivo dell’iniziativa – sottolineano gli organizzatori – è cercare di allargare l’orizzonte della ricerca e della sperimentazione in ambito didattico e di rendere conto dei migliori esempi di innovazione, senza perdere mai il riferimento alla scuola come comunità educante, come sistema complesso di relazioni e personalità”.

Per informazioni sul programma: www.scuolastore.it

 

Questo articolo è stato pubblicato su Andersen n.356 ottobre 2018. Sostieni Andersen con un abbonamento.

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