In occasione dell’inaugurazione di Spinginuvole, un sito dedicato alle storie e a tutti i luoghi dove si possono incontrare, fondato da Oriana Picceni, pubblichiamo online il suo primo articolo scritto per la rivista Andersen (n.348): la storia del progetto di Gabriele Pino, che sta lavorando per costruire Il Bestiario d’Italia e che ha collaborato anche alla nascita di Spinginuvole. Il secondo articolo di Oriana Picceni è pubblicato su Andersen n.351. Per sostenere la rivista Andersen, abbonati ora.
Ci sono storie che nascono quasi per caso. Ti vengono incontro quando meno te lo aspetti, con un’immagine, un ricordo, un profumo. Altre che sembrano inseguirti da sempre. Scorrono nel sottobosco della tua quotidianità e chiedono con una certa insistenza di essere portate alla luce, di essere raccontate e ascoltate. È questo che ho pensato la prima volta che ho parlato con Gabriele Pino, giovane illustratore piemontese, mentre guardavo le sue lunghe mani muoversi sul foglio, leggere come fossero legate a un filo, a tracciare i personaggi incontrati durante il suo viaggio attraverso l’Italia alla ricerca delle creature fantastiche della tradizione orale. Poi la mano si sposta e ti sorprendi di quanto il tratto sia delicato e nello stesso tempo incisivo, di quanto con solo una matita a grafite si possano creare delle vere magie di carta: i personaggi cominciano a parlarti anche se non sono ancora completi ed è impossibile non restare in ascolto. Quello di Gabriele è un segno netto, irriverente e beffardo, proprio come le sue creature. Lo vedi prima del colore, della grana della carta e del racconto che mette in scena, ti colpisce dritto con coordinate precise: si rifà alla grazia delle stampe giapponesi di Hokusai, guarda al segno di Klimt e Schiele, alla semplicità delle forme di Maurice Sendak e alla linea di Jean Jaques Grandville, rilegge Italo Calvino, Roald Dahl e Dino Buzzati, si ispira alla natura e ai racconti contadini. Nelle sue tavole, ogni dettaglio – la fogliolina nell’angolo più remoto del foglio, la piega del vestito, il taglio della bocca che disegna un sorriso furbo – è capace di trattenerti e portarti direttamente dentro la storia. Anche questa è magia.
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Sono sicura che siano state proprio sirene, fauni, streghe, draghi, janare e masciari a chiamare la sua matita e a disegnare le tappe del suo itinerario lungo l’Appennino, la spina dorsale d’Italia: cinque regioni, una catena montuosa, quattro mari, molti paesi. Il primo di una serie di viaggi attraverso le province italiane, per costruire un progetto che la magia la contiene davvero, Il Bestiario d’Italia: una raccolta di albi illustrati che riporteranno alla luce le creature fantastiche, oggi spesso dimenticate, ma parte viva della nostra cultura popolare, anima pulsante di luoghi e leggende. Un progetto nato dal basso, dall’incontro con le persone e le loro storie, un invito a ritrovare la dimensione più umana e sociale del racconto. L’idea, come spesso accade, è nata da una domanda: dove sono finite le creature fantastiche della tradizione orale, ora che non abbiamo più l’abitudine a raccontarci e a tramandare le storie? Gabriele è certo che si trovino in provincia, tra la gente che aspetta l’autobus, dietro le tappezzerie delle case di campagna, nelle luci e nella musica delle feste di paese, sulle scogliere a picco sul mare, nei luoghi dove ancora sopravvivono i lavori artigianali e contadini, dove ancora si possono incontrare mani depositarie di un sapere antico. La sua fascinazione per il mondo rurale e i rituali che ne scandiscono la relazione con la terra e il tempo mi riporta alla poetica di Miyazaki e di certi suoi personaggi fluttuanti tra magia e realtà, facendomi entrare subito in empatia con la dimensione incantata del racconto e del viaggio.
Ma da dove comincia il suo (e a questo punto, anche il mio) viaggio? Ci troviamo a Moncrivello, un piccolo paese in provincia di Vercelli, sul limitare delle risaie. Lo studio di Gabriele è un piccolo, antico casolare circolare nel cuore di un campo che un tempo ospitava filari di vite. Ricorda un po’ un trullo e quando passi la porta ti sembra ancora di sentire l’odore acre del vino nelle damigiane, le risate e le storie dei contadini che lì si ritrovavano alla fine della giornata di lavoro per la veglia. A osservarli, da qualche parte lì fuori, c’era sempre una masca, una delle streghe piemontesi. E Gabriele, che tra quei filari è cresciuto e che dalle storie magiche è sempre stato attratto – fin da bambino, quando il nonno lo portava con sé nei campi e nei boschi raccontandogli di riti, scherzi e magie – le masche le conosce bene.
Ed è così, attraverso il suo tratto spigoloso e dettagliato, che comincia anche il mio primo incontro con queste creature. Siamo seduti su un tronco divelto, vicino a un ponte di sassi incerti, tra le foglie crepitanti di un bosco sopra Moncrivello, dove si dice vivano ancora le masche. Gabriele disegna e io ascolto, aspettandomi da un minuto all’altro di veder salire la nebbia. Da qui non è difficile immaginare le streghe della tradizione piemontese: donne segnate dal tempo, vestite come vecchie contadine, che si ritrovano a ballare vicino ai ponti e sanno trasformarsi in gufi, serpenti o cani; possono diventare edera per proteggere i loro luoghi, oppure rovi per allontanare le persone indesiderate. Se ti avventuri nei loro boschi puoi sentirle sussurrare attraverso il crepitio delle foglie secche, l’ululato di un cane, i canti degli uccelli notturni, il sibilio del vento tra i rami. E se si alza la nebbia, sei sicuro della loro presenza. Ma chi erano davvero le masche? Basta scavare un po’ nelle radici dei paesi di campagna, per scoprire che queste figure maliarde e dispettose, come la maggior parte delle creature fantastiche, hanno un legame diretto con la realtà: erano donne sole, appassionate di erboristeria, che tra fine Ottocento e inizi Novecento furono allontanate dalla società e additate come streghe, diventando così protagoniste delle storie rurali.
Ed è proprio da qui che nasce l’idea del Bestiario d’Italia, da questo sottile confine tra realtà e fantasia. Un margine sfocato che ne scandisce la ricchezza e ne fa non solo un racconto illustrato, ma un vero e proprio progetto sociale, un itinerario da ripercorrere. Nelle parole e nelle immagini di Gabriele Pino le creature fantastiche si mescoleranno alla gente comune (persone incontrate lungo il suo cammino, che in qualche modo incarnano a loro volta una dimensione magica), cambiando spesso forma, per adattarsi alla nuova condizione di cittadine di provincia.
Mentre siamo immersi nell’autunno disordinato di questo bosco e Gabriele mi parla disegnando, La spina dorsale, il viaggio che dalla Toscana ha attraversato l’Italia lungo l’Appennino, toccando l’Umbria, la Campania, la Basilicata e la Puglia, si sta già trasformando nel primo volume del Bestiario (un libro autoprodotto, realizzato in edizione limitata, che sarà pronto per la fine dell’inverno). Sfogliarlo sarà un viaggio avventuroso da fare insieme, adulti e bambini. Con una sola regola, che Gabriele ripete come un mantra:
“Per cominciare a vedere, bisogna perdere la vista”.
Perché, mi spiega, per poter vedere le creature è necessario coinvolgere tutti i sensi. Perché loro si mostrano e ti parlano nei modi più inaspettati. E in attesa di avere tra le mani il Bestiario, mi sono appuntata qualche consiglio, per essere pronta a tutto e non perdermi niente.
Per gli amanti della corsa all’alba, quelli più arditi, la meta perfetta è il Casentino, dove si può incontrare il Badalischio, un lunghissimo serpente millenario che vive sotto gli alberi e fra le rocce delle foreste. Si dice che i suoi occhi siano come il veleno della belladonna, pianta velenosissima che cresce in quei luoghi. Il suo sibilo è simile al vento che soffia prima di un temporale. Incredibilmente non ama strisciare, ma adora correre e fare jogging la mattina presto ascoltando la musica degli alberi. Difficile non notarlo, perché è dotato di un paio di grandi piedi. Se proprio non lo incontrate, provate ad alzare gli occhi verso il filo della montagna e forse vi capiterà di vedere il mitico Bisonte Bianco del Casentino. Non guardatelo mai negli occhi!
Nei pressi del lago Trasimeno, in Umbria, capita a volte di sentire raffiche di vento gelido: è il Drago, che nelle notti più gelide o più calde dell’anno lascia il nido di rami d’ulivo ed esce dalla sua caverna per solcare i cieli dell’Umbria, volteggiando fino alle acque del grande lago a nord della regione. Una sola creatura al mondo lo fa tremare, il Grifo, mostro alato, metà leone e metà aquila. Vive nascosto nella città di Perugia, sotto la fontana nella piazza della città. La notte vola sui tetti della città e guidato dal vento arriva fino a Narni per danzare nella Rocca con le ninfe e le streghe.
In Campania, si sa che se non ti comporti bene arriva il Gatto Mammone: la sua pelliccia ha il colore della notte e proprio di notte lui si aggira indisturbato. Adora nascondersi sotto i letti, dentro gli armadi, nelle valigie, nelle tasche e addirittura nelle caffettiere vuote. Aspetta nascosto che le sue prede vadano a dormire. Se all’alba ti capita di camminare i vicoli di Napoli, fai attenzione perché potresti udire un inquietante rumore di passi: è il Gatto Mammone di ritorno dalla scorpacciata notturna di paura che corre verso il suo nido fatto di teschi nel Cimitero delle Fontanelle di Napoli.
La Basilicata è una terra fatta di roccia e di luce, ma fortunatamente è piena di sorgenti. Ed è proprio nei pressi dei Calanchi, che si dice siano molto simili a paesaggio lunare, che si sentono voci e canzoni sussurrate nella lingua della luna. Sono le voci delle ninfe: creature bellissime con cuore e sangue di acqua! Vivono nelle rocce per sfuggire all’amore violento dei Fauni, ma quando escono dalle loro dimore, ecco che nasce una sorgente di acqua purissima.
Che tu sia un pescatore o no, se ti trovi in Puglia sicuramente sentirai il canto delle Sirene. Loro vivono in gruppo nelle grotte delle scogliere, dove costruiscono nidi composti da reti da pesca, conchiglie e oggi anche da qualche oggetto in plastica. Loro non parlano, cantano! Metà donne e metà uccelli, hanno voce ammaliante e pericolosa e le loro canzoni racchiudono il vento e il mare. Buon viaggio!
In attesa del Bestiario d’Italia illustrato, l’itinerario e le foto del viaggio di Gabriele Pino, qui in parte riprodotte, sono visibili sul suo profilo Instagram: Pinocoteca